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Storia di Campana

Storia di Campana

storia_di_campanaCampana - Itinerari di Storia - L'intera opera storiografica di Mons. Luigi Renzo in questo portale. Cari amici e utenti, abbiamo finalmente ampliato questa nuova rubrica per rendere omaggio alla memoria e alla storia di Campana e alla sua gente che nei millenni trascorsi l’ha plasmata. Questo lo facciamo con l’obiettivo preciso di divulgare conoscenze e, soprattutto, di aprire nuovi orizzonti sulle radici storico-culturali di Campana, sul suo patrimonio umano, culturale e morale. Stimolati dalle opere storiografiche di Mons. Luigi Renzo, che rappresentano vere pietre miliari nel campo storico, culturale, etico e religioso di Campana, vogliamo seguire questo progetto con passione e dedizione genuina. Ringraziando Mons. Luigi Renzo per averci messo a disposizione le sue opere storiografiche, ci prefiggiamo di seguire, curare e rendere omaggio alla memoria di Campana, aprendo questa rubrica con l'opera “Campana – Itinerari di Storia”, andata in stampa nel 1997.

Carmine Petrungaro

Campanaelefante.com


Clicca sull'icona e sul link sottostante per leggere il libro intero:


Prefazione

 A venti anni esatti (era il luglio del 1977) dalla pubblicazione di ”Francesco Marino e Campana nel 1600”, un’altra pregevole opera storica di Luigi Renzo viene data alle stampe andando ad arricchire la già notevole produzione del suo “itinerario culturale che lo vede impegnato contemporaneamente nel giornalismo, nella storiografia e nella ricerca politica”. Anche allora ebbi il privilegio di scrivere qualche rigo di presentazione e l’augurio, che feci, fu che la “logica conseguenza di quell’impegno…possa dare in un futuro, più o meno prossimo,…un’approfondita e ben documentata pubblicazione sulla trimillenaria storia di Campana”. Ora quell’augurio si concretizza in “Campana - Itinerari di storia” frutto della piena maturità dell’autore. Un’opera concepita specificamente come più e diversi tipi di percorsi d’indagine storiografica; modi diversi di porsi davanti al problema specifico e da diverse angolazioni; tendente, più che ad esaurire lo studio del problema per trarne conclusioni ed insegnamenti, a stimolare il lettore a porsi interrogativi, a sollecitare la sua curiosità, ad invitarlo a farsi, a sua volta, ricercatore ed indagatore, in una sorta di reazione a catena, con il solo scopo di coinvolgerlo in un’azione di rinascimento culturale che solo può assicurare ancora una “storia futura” a Campana ed alla sua gente. Non saranno poche le sorprese per il lettore, se campanese, che, coinvolto personalmente dalla ricorrente citazione di località e nomi propri, si renderà conto che Campana non ha avuto un passato propriamente oscuro e che, anzi, più di trenta secoli di ininterrotta vita ne fanno una delle realtà sociali più antiche d’Italia e di Europa. L’opera, così, si concretizza come un grande atto di amore dell’autore verso Campana e la sua gente; verso una realtà che non può vivere pienamente, ma alla quale è rimasto intimamente legato ed alla quale fa volentieri e continuamente ritorno, appena le grandi e gravi responsabilità del suo ministero glielo consentono, per ritrovarsi ed attingere nuovi stimoli per la sua già faconda attività culturale.

Espedito Chiarello


Nota dell’autore

Intenti e Augurio

 Scrivere di storia sul proprio paese nasconde sempre il rischio serio di lasciarsi prendere dal sentimento e dall’amore del campanile a discapito del rigore storico. Ed in effetti, a scrivere, il pericolo si è presentato ad ogni svolta di strada. E’ normale del resto voler parlare bene del proprio paese magari nascondendo qualche zona d’ombra. Dall’imbarazzo ho cercato di uscire driblando sportivamente le insidie e dando voce preferenziale ai documenti e alle testimonianze storiche disponibili. Se sono riuscito nell’intento saranno i lettori a deciderlo. Di certo questi Itinerari di storia sono frutto di trent’anni dei ricerca e di sofferta incubazione. A convincermi a scrivere è stata l’amorevole stimolazione dei compaesani, oltre al debito cultural che ormai da tanto tempo mi portavo dentro come un tormento interiore.

Ed alla fine eccoci insieme a percorrere e ripercorrere pagine e pagine di vita che per più di 25 secoli hanno marcato le orme della storia. Il quadro che ne è uscito, per quanto variegato di tinte e piani variamente prospettici, mi sembra abbastanza riassuntivo e riepilogativo, anche se di certo non può dirsi esaustivo e definitivo. Altri potranno trovare stimoli per cercare ancora nel mondo sommerso di una storia che solo in parte è emersa. Tanti interrogativi permangono ed aspettano risposte. Mi auguro che questa mia ricerca faccia da “input” e solleciti qualche coscienza pigra a smuovere altre pieghe del ricco patrimonio storico, religioso, sociale e culturale in genere che si nasconde nei meandri della storia del paese, delle sue famiglie, dei suoi personaggi.

Da parte mia, se pure al timore riverenziale di chi si è avventurato per la prima volta in un viaggio pieno di incognite e di imprevisti, ho la consapevolezza di aver fatto il mio umile dovere i figlio verso il paese, che in verità meriterebbe una maggiore attenzione in tutti e in ciascuno. Mi auguro allora che questa mia fatica aiuti sia a riscoprire con le memorie storiche anche la propria identità culturale, sia far scattare nei più generosi un po’ di orgoglio campanile. Il libro si presenta di fatto suddiviso in tre parti. La prima ripercorre in 15 capitoli altrettanti ideali “Itinerari” tematici illustrati con metodologia storica. La seconda, col supporto di sequenza fotografiche, presenta immagini di ieri e di oggi per provocare in chi legge suggestioni e magari qualche rimpianto nostalgico. La terza, strettamente personale, è una “Visitazione poetica dei Luoghi della memoria”. In 12 componimenti poetici ho voluto manifestare pubblicamente l’Omaggio alle mie radici dando sfogo al cuore e agli impulsi interiori dell’anima, commossa ed in contemplazione davanti a quei luoghi, a quelle situazioni e a quel mondo estatico che ha accompagnato la mia infanzia ed il mio avanzare nella vita. Non vogliatemene male se ho coinvolto anche voi nelle sensazioni provate e riprovate nel mentre andavo scrivendo questo profilo storico di Campana, della sua gente, dei suoi tormenti e delle sue esaltazioni.

Con un affettuoso Grazie, Auguro a tutti un Buon Viaggio in questi Itinerari di storia paesana.

Campana 28 giugno 1997

Luigi Renzo


CAPITOLO PRIMO

L’ANTICA KALASARNA

La tradizione popolare da sempre identifica l’antica Kalasarna (o Calaserna e Caliserna nel gergo popolare) con Campana. Di ciò si son fatti portavoce soprattutto gli storici calabresi dei secoli XVI-XVIII e lo stesso poeta-scrittore campanese Francesco Marino (1624-1716), di cui parleremo più avanti in altro capitolo. Per quanto antico ed arcaico, comunque, il toponimo fino allora non aveva trovato risonanza letteraria se non in Strabone, di epoca augustea. Questi nella sua Geografia, parlando di Filottete, l’eroe omerico fuggito per motivi politici dalla sua patria Melibea, riferisce che, approdato nella regione dei Brettii, lungo il litorale ionico aveva fondato Petelia, Krimisa e Chone. Da qui verso l’interno, continua Strabone, si incontrano gi abitanti di Grumentum, Vertine e Kalasarna ed altri piccoli stanziamenti. Anche la fondazione di Kalasarna, allora, sarebbe da attribuirsi a Filottete, o a qualcuno del suo seguito. Marafioti, invece, richiamandosi a Stefano bizantino (sec. VI d. C.), ipotizza che Kalasarna (da lui detta Calaserna) sia stata fondata dai Coni-Enotri e poi ingrandita da Filottete.

“Appresso mi aspetta l’antico castello Calaserna, hoggi chiamato Campana,

fabricato dagli Enotri secondo che riferisce Stefano, ma Strabone vuole,

che sia stato fabricato da Filottete compagno d’Ercole, nondimeno potrà

ben essere (come è stato di molte altre città, le quali si dicono essere state

fabricate da Filottete, delle quali di passo in passo ne ragioneremo) che

furono prima fabricate dagli Enotrij, e dopo magnificate da Filottete, e fatte

sue colonie, e l’istesso può essere di questo Castello Campana, cioè, che

fosse stato fabricato dagli Enotrij, e doppo magnificato da Filottete”

Senza entrare nel merito di queste notizie, qui riportate per completezza di cronaca, colpisce il fatto che, rimasto a lungo nel silenzio più assoluto, di recente il toponimo Kalasarna è entrato nuovamente nel dibattito tra gli studiosi della Magna Graecia, che non hanno mancato di prospettare le ipotesi più svariate sia sulla sua origine, sia sulla sua localizzazione. Giovanni Pugliese Carratelli, studioso di fama, pur accettando come molto probabile l’ubicazione nell’attuale Campana, collega il toponimo Kalasarna - da lui letto Chalasarna e fatto dervare da ‘Halasarna - al dio Apollo ‘Halasarnita, il cui culto era affermato nel territorio per la vicinanza del tempio di Apollo Aleo, nei pressi di Krimissa, all’altezza dell’attuale Punta Alice. Il Carratelli trova un’affinità tra Chalasarna e ‘Halasarna di Cos in Grecia, dove il culto di Apollo era ancora più forte. Pier Giovanni Guzzo, già direttore responsabile degli scavi di Sibari, senza escludere l’identificazione di Kalasarna con Campana, ipotizza come sito possibile anche la riva destra del torrente Galatrella, affluente del Crati. L’idea nasce da una nota dello storico coriglianese Giuseppe Amato, che parla di Calasarna come luogo vicino a Corigliano, dove l’evangelista S. Marco sarebbe giunto per predicare il Vangelo. Molto onestamente, comunque, il Prof. Guzzo riconosce che in realtà lungo il Galatella non c’è traccia del toponimo Kalasarna.

Comunque sia, l’identificazione di kalasarna con Campana non trova più ostacoli tra gli studiosi attuali, che avallano così quanto complessivamente riconosciuto dagli storici più antichi, che si sono rifatti sia alla storiografia precedente, sia alla tradizione popolare. Citiamo tra questi,a titolo esemplificativo, Elia de marco, Vincenzo Padula, Nicola Leoni, ecc… A conforto di tutti, infine, sono arrivate le scoperte archeologiche fatte nel territorio campanese nel corso di questo Novecento.


1. TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE

I rinvenimenti archeologici, in verità, non sono frutto di campagne o studi organizzati e sistematici, ma sono stati per lo più occasionati da lavori agricoli ad opera di privati cittadini. Questo non significa che le testimonianze affiorate non siano di grande valore e preziosità. Certo una maggiore attenzione e campagne mirate avrebbero potuto dare un aiuto più consistente alla ricerca storica. Di particolare rilevanza risulta il fatto che le zone interessate ai ritrovamenti sono per lo più lungo il tracciato dell’antica chiubica che dal Crocevia di S. Pietrocon diramazione per il paese e attraverso Ronza vecchia, caprella, Serra del Leone, Gambicella e lungo il Fiumenicà portava a macchia del Barone, Minuscoli e da qui verso Cirò con bivio prima per Umbriatico all’altezza della località Raca (dove nasce la sorgente di acqua sulfurea) e più avanti per Cariati. Su questa traiettoria, infatti, sono stati rinvenuti alcuni utensili bronzei, oltre a frammenti ceramici e fittili di epoca ellenistica (località Ronza vecchia); una tomba di epoca romana, il cui corredo si trova nel Museo di Crotone, in contrada Pignataro, vasi di bella fattura di fabbrica italiota, alcuni dei quali a pittura con figure rosse, in località Caprela; cocci e vario materiale frantumato della stessa epoca è stato raccolto in località Cozzo del leone nel corso dei lavori di costruzione della strada Caprella-Gambicella nel 1974. A queste testimonianze vanno ad aggiungersi i resti di strutture murarie a secco e frammenti ceramici di uso comune in località Cozzo del morto, che qualcuno ha identificato con una possibile stazione di transumanza di epoca brettia; ancora frammenti “pithos” e tegole pertinenti ad una piccola fattoria di età ellenistica in località Manca di Mattia ed una tomba e tegole di epoca romana in località S. Marina.

Nel 1934 un vasetto fittile grezzo contenente 78 monete è stato rinvenuto dal sig. Agostino Grande in località Torracca. Il ripostiglio delle monete, datate tra il 350 e il 217 a. C., attesta nel territorio di Campana una forte frequentazione durante il periodo ellenistico. Interessanti scoperte, inoltre, sono state fatte ai primi del Novecento dal Di Cicco nella esplorazione di grotte artificiali antichissime sulle sponde del fiume Suvero e sul dorso dell’altura detta “Terra dei Fossi”, dove riconobbe avanzi di abitazioni primitive appartenute a popolazioni brettie.E alla civiltà rupestre si richiamano le grotte di Rubillo, in località Ornarito, certamente le più caratteristiche e interessanti tra quelle disseminate nel territorio di Campana.


2. IL NOME KALASARNA

Sul significato del nome diverse sono le concetture. Mons. Marino, partendo dalla pastorizia, occupazione prevalente di molta parte degli abitanti, fa derivare il toponimo dal greco kalòs (bello) arò (agnello), per cui Kalasarna indicherebbe la terra della buona e fiorente pastorizia. Questa ipotesi farebbe pensare ad una Kalasarna non necessariamente dentro il sito dell’antico centro storico (rione terra) di Campana. Se invece l’identificazione è col paese, allora, più opportunamente il nome Kalasarna potrebbe provenire dalla natura accidentata e strategicamente ben difesa del luogo. Il sostantivo arna, infatti, nel dorico panellenico significa rocca, castello, per cui kalòs-arna (bella roccaforte) potrebbe essere stato conferito ad un insediamento che per la sua posizione offriva ogni possibilità di difesa contro gli attacchie dei razziatori che potevano risalire lungo il Fiumenicà. A questa ipotesi potremmo collegarne un’altra, ove accattiamo l’idea del Prof. Carratelli secondo cui il nome primitivo di Kalasarna poteva essere stato Chalasarna. Il dorico chalà significa “braccio di monte”, “prominenza”, “sperone”, per cui premettendolo ad àrna verrebbe ad essere “rocca della prominenza”, o semplicemente “rocca prominente”. Tale significato troverebbe conforto nella configurazione del rione Terra, che si presenta quasi come uno sperone-cuneo proiettato con strapiombi nella confluenza delle fiumare Cerruzzo e Azzolino. Invalicabile da questi due lati, sul terzo lato era più accessibile, ma pur sempre difeso dal burrone che consentiva l’ingresso in paese solo attraverso il ponte levatoio e la Porta, detta appunto ancora oggi Porta del Ponte. Su questa Porta in epoca medioevale venne costruita la Torre rotonda, poi detta dell’Orologio, l’unica rimasta in piedi insieme a quella della Trinità, delle 5 esistenti lungo il tracciato della cinta muraria.

Il nome Kalasarna, allora, poteva indicare la prominenza a forma di fortezza, difesa da strapiombi e dirupi, che dava alle popolazioni del luogo ogni garanzia per trincerarsi e contrastare gli attacchi nemici in tempo di scorrerie. A questa rocca facevano riferimento i casali rurali dispersi nel territorio circostante. Del resto l’esistenza di questi casali è provata dai resti che si possono ancora intravedere in diverse località. Così, durante i lavori di piantagione di vigne in contrada Incavallicata furono rinvenuti ai primi del Novecento oggetti di uso domestico (cocci di lucerne, giare, vasellame vario), segno chiaro di insediamenti umani. Identico materiale è venuto alla luce in località Francavilla (Serra dell’Acero), Crocevia di S. Pietro, S. Iapico, S. Lorenzo, S. Giovanni la Fontana, Sorbo. Tutto questo sembrerebbe convalidare l’ipotesi di Kalasarna roccaforte e punto nevralgico di difesa a disposizione anche dei casalesi.


3. IL SITO DI KALASARNA ED IL NUOVO NOME DI CAMPANA

Da quando si è andato dicendo si può desumere che l’identificazione di Kalasarna col rione terra di Campana sia l’ipotesi più verisimile, anche se l’accreditamento andrebbe verificato col supporto di altre prove documentarie allo stato pressoché impossibili. Un fatto c’è, comunque, che rende l’ipotesi praticabile: la presenza di acqua sorgiva all’interno delle mura, elemento fondamentale per sopravvivere in caso di assedio prolungato, che avrà senz’altro ancora di più attirato e favorito l’assembramento di più gente. Del resto ancora oggi in molte case, ormai diroccate e in stato di abbandono, si riscontrano pozzi e cisterne di raccolta di acqua, situazione questa che dava tranquillità sia agli abitanti residenti, sia ai casalesi che vi si rifugiavano. Anzi è proprio a questo fatto che si lega il cambiamento di nome da Kalasarna in Campana in epoca medioevale. Secondo la tradizione, raccolta dal solito Mons. Marino, il cambiamento di nome sarebbe stato determinato dalla presenza in paese di una grossa campana, che doveva servire per avvisare e chiamare a raccolta i casalesi impegnati nei lavori dei campi alfine di difendersi dal pericolo sempre incombente delle incursioni dei Saraceni. Queste divennero particolarmente frequenti e pericolose nei secoli IX-X, tanto da mettere in allarme non solo gli abitanti del litorale, che dai bizantini furono obbligati a crearsi una flotta di piccole navi veloci (cinelandie) per contrastare ed inseguire gli assalitori, ma anche quelli dell’entroterra. Segni profondi lasciarono soprattutto le scorrerie degli anni 896, 933, 944, 952-53, tutte particolarmente rovinose. Quella del 933, per esempio, fruttò agli islamici la conquista nel crotonese di Petalia e di Bristakia (Umbriatico). Ci volle l’intervento dell’imperatore Costantino VI nel 944 perché le due città fossero liberate dagli invasori. E fu proprio in questa occasione che i pochi superstiti di Bristakia andarono ad occupare la collina di tegano, meglio difesa, che segnò l’avvio dello sviluppo di Umbriatico, confinante con Campana.

Alla luce di ciò non meraviglia che a Kalasarna, facilmente accessibile dal mare per il Fiumenicà, per ovviare al pericolo incombente abbiano potuto creare dei punti di vedetta e si siano forniti di quella “campana”, di cui parla la tradizione popolare, che serviva anche a dare l’allarme generale per il rientro di tutti. Il ripetersi della cosa avrà convinto certamente i casalesi isolati tra loro a trovare stabile dimora nel centro più in grado di garantire l’incolumità, per cui il primitivo primo nucleo si trasformò in un centro più grosso col nome di Terra della Campana (“Terra Campanae”), che proprio in questa fase storica (secoli X-XII) andò affermandosi soppiantando il precedente Kalasarna. Il documento più antico in cui ricorre per la prima volta il nome campana è il diploma del 1269 della Provisio pro decimis baiulonis Rossani, sancti Mauri, Petrepaule et Campane, confermata da re Carlo I d’Angiò all’arcivescovo Angelo di Rossano. E sempre il re angioino, con diploma del 1271, concesse la terra Campane e Guglielmo Ernardo di Bayrano a seguito della morte di Viviano de Clarence, primo feudatario di cui si conosce il nome. Dando per valida l’ipotesi che il nome sia provenuto dalla presenza della campana, ci sembra peraltro accettabile porre il cambio di nome in Campana nella prima fase dell’occupazione normanna, dopo che la Calabria era stata tolta al dominio bizantino. L’uso delle campane, infatti, è completamente ignorato dai bizantini, ed è stato introdotto in Calabria proprio dai Normanni, i quali non si limitarono a propagandarne l’uso sacro, ma diedero ad esse una connotazione anche civica. In altre parole, la campane non servirono solo a convocare i fedeli in chiesa, ma vennero installate in torri civiche allo scopo di scandire il tempo del lavoro dei campi e per avvertire, ovviamente, degli eventuali pericoli di qualsiasi natura.

Della presenza della campana si è impadronito il folklore paesano, che ha inventato con fine acume proprio la leggenda della campana, che riportiamo per sommi capi. Si narra che due contadini, uno di Calaserna e l’altro di Umbriatico (talora figura impropriamente Savelli), mentre lavoravano la terra rinvennero una grossa campana. Non trovando accordo su chi dovesse appropriarsene, pervennero ad un compromesso: si sarebbe proceduto ad una competizione tra due buoi. La campana sarebbe andata al bue che con più forza l’avrebbe tirata a sé. Fatti i preparativi, il calasarnese invece di un bue mise in gara una vacca che da poco aveva partorito legando poi ad un di presso il vitellino. Al momento di dare in via, il calasarnese diede una staffilata al vitellino provocando la reazione della madre, che, per correre in difesa del figlio, con veemenza si trascinò dietro sia la campana che il bue avversario. In questo modo la campana venne portata a Calaserna, che da allora divenne Campana.

A parte il brio e l’arguzia del racconto popolare, tornando al discorso storico, è da presumere che Kalasarna diventa Campana quando il centro abitato, dotatosi di una campana a scopo difensivo e di richiamo, si ingrandì e venne circoscritto da una cinta muraria intervallata da torrioni di difesa all’altezza delle Porte di accesso. Questo sistema difensivo durò per alcuni secoli. Alla fine del Seicento alcune delle torri risultano già distrutte da tempo. Così, infatti, si esprime Mons. Marino nella menzionata lettera all’abate Giustiniani: “Benchè fosse dal sito stesso munita, per altre rupi, che la circondano d’ogni intorno; con tutto ciò venne cinta di ben forti muri, e da cinque Torrette difesa contro ogni assalto ostile. Una se bene fin ad oggi ne resta in piedi, assai alta e di rotonda struttura, che ancora resiste alle ingiurie del tempo

Non conosciamo le circostanze della scomparsa delle altre antiche porte, ma di certo del dissesto del territorio e dell’abitato è dipeso sia da cause naturali (terremoti), sia da guerre ripetute, sia dall’incuria dell’uomo. Quello che conta annotare, comunque, è che nei secoli XI-XII anche per Campana si aprono nuove pagine di storia, che porteranno prima alla sua infeudazione e poi al Principato nel 1696.



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