Video - Il Fiume Nicà |
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Scritto da Carmine F. Petrungaro | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Rigagnolo e fiume impetuoso: Le sue nature sono due. Nonostante d’estate sia di carattere spiccatamente torrentizio, d’inverno diventa in alcuni tratti un fiume impetuoso ed invalicabile, che durante le piene rovina i suoi stessi argini. Tanti corsi d'acqua si formano ed affluiscono nel periodo dello scioglimento della neve sulle montagne o con la pioggia, alternandosi a forti e talvolta disastrose piene. Per molti contadini o allevatori di bestiame del luogo le acque gelide del fiume schiumante diventavano un ostacolo. Una vera impresa per oltrepassarlo. I nostri nonni raccontavano ancora storie di quei tempi, quando per raggiungere pascoli e terreni sull'altra riva, qualche capra andava persa nelle rapide e il mulo scalciava per protesta. Un fiume duro dai tempi duri. Qua e là circondate spesso da una valle, possiamo trovare delle dighe di pietra e cemento molto alte, costruite agli inizi dell’ultimo secolo, in parte anche dai prigionieri austriaci, durante il primo conflitto mondiale. Questi sbarramenti servivano a controllare e a contenere il flusso dell’acqua. Soprattutto d’inverno possiamo ammirare le cascate. Ai loro piedi si sono formati stagni ed aree umide, nei quali vivono diversi tipi di pesci e rane, oltre a bisce e serpenti. Anche uccelli rapaci come la poiana nidificano nella vallata del Nicà. Il suo nido è aggrappato a pareti rocciose ed inaccessibili. La presenza di questo meraviglioso rapace dimostra, che tutta l'area è riccha di prede. Sugli specchi d'acqua a volte si formano estese macchie di verde, fatte da minuscole piante, le lenticche d'acqua: le loro radici non si abbarbicano sul fondo, così queste si lasciano trasportare dalla corrente con la prossima piena. Di queste dighe una volta così maestose, possiamo osservare oggi solo i resti, perché spezzate dalle intemperie e dalla forza erosiva dell’acqua che ne vanificò l'imponenza e la loro funzione originaria. D'estate, invece, a causa della prolungata siccità il fiume Nicà si trasforma in un torrente con secche e stagni per le rane o un paesaggio lunare e suggestivo, fatto di rocce, arbusti, canne e tronchi d'albero trascinati in mezzo al letto. Un rigagnolo estivo di cui si nota a malapena il mormorio.
Storia: Il nome Nicà deriva forse dal termine Nike o Nice, che è un personaggio della mitologia greca, cioè personificazione della vittoria, che è per l'appunto la traduzione del termine greco. Nel 510 a. C. il fiume Nicà divenne campo di battaglia. Presso le sue foci, a Cariati, si svolse una battaglia tra le due città greche Kroton e Sybaris. I Crotoniati annientarono le forze sibarite e da quei tempi antichi a oggi venne dato al fiume il nome greco Nice (vittoria), appunto Nicà nel gergo moderno di oggi. Nell’antichità i sentieri e le mulattiere che costeggiavano il fiume Nicà, costituivano per Greci e Bretii un’importante tratta commerciale per lo scambio delle merci e, soprattutto nel traffico del legname e della pece silana, che serviva ai cantieri navali. Con molta probabilità questi sentieri furono usati per scopi strategici e militari anche da Pirro e Annibale, per impiegare nella maniera migliore le risorse disponibili dell’entroterra ai fini bellici, cioè il rifornimento e il vettovagliamento degli eserciti e della flotta. Il fiume era ancora navigabile e il materiale poteva essere trasportato nel suo basso corso su delle chiatte. In epoca bizantina si organizzavano ronde composte da piccole milizie locali e eparti staccati dalla Tagmata (esercito regolare bizantino), per respingere eventuali incursioni saracene. Molto probabile l'esercito, del normanno Roberto d'Altavilla, detto il Guiscardo (l'Astuto), si spinse sugli stessi sentieri del fiume Nicà, arrivando poi da Turracca inferiore e zona Caragliti, da Nord-Ovest, fin sotto le mura di Campana, l'antica Kalasarna, che fu presa nel 1057 senza resistenza e divenne così ducato normanno. Ancora in tempi recenti, quando non c’era la lavatrice, i Campanesi che erano costretti a dormire in campagna, per via dei lavori sui campi o per le mandrie, si recavano al fiume per lavare i panni. Allora si diceva “dhavare alla jumara”. Le lenzuola e tutti i panni erano posti in mastelli di legno o in cesti. Non si può parlare di inquinamento delle acque, dato che si usava cenere e sapone prodotto in casa, con grasso di maiale. Mulini e frantoi erano ancora in attività fino alla metà dell‘ultimo secolo. Oggi c'è la solitudine delle pietre e l’avanzare vittorioso delle piante e della sabbia. Il fiume Nicà, invece, soffre anno per anno la sete, a causa del riscaldamento globale. Ormai solo d’inverno il fiume si riprende il suo letto e la vallata, che in tempi storici gli apparteneva. Rimangono i ricordi e i racconti degli anziani. Turismo: Sui sentieri del fiume Nicà si potrebbero proporre escursioni ed iniziative turistiche nel segno della storia, dello sport, della didattica, ad esempio per osservare e riconoscere animali e piante dei nostri territori o gli uccelli acquatici presso la foce. Da ricordare anche il Trekking con muli ed asini. Un'indimenticabile esperienza per grandi e piccini. Con la realizzazione di questo video invito tutti gli amici di Campana a percepire profondamente la propria terra natia e a proteggere il nostro territorio e il patrimonio lasciatoci dai nostri antenati. Bastano piccole azioni e dedizione alle proprie radici. Autore: Carmine F. Petrungaro Campanaelefante.com Guarda il Video
Ringraziamenti a Carlo Grillo e Calabria Logos per la gentile concessione dei brani musicali (strumentali): "Seculu Brigante" e "Melodia breve in Mi minore".
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