Video - Camminata alle Grotte di Guardia |
Scritto da Carmine F. Petrungaro | |||||||
domenica 14 gennaio 2018 | |||||||
Video - Camminata alle Grotte di Guardia - Una giornata con zio Gabriele Rossano. Con questo filmato andremo alla scoperta di un complesso di grotte,
dette “Grotte di Guardia”, nel territorio di Campana, nella Sila Greca. In
questa escursione mi accompagna zio Gabriele. È dicembre, ma il cielo è sereno
e così ci avviamo sulla provinciale 255. Lasciamo il bivio per Caloveto alla
nostra destra proseguiamo per Bocchigliero. Dopo esser passati sotto la grande
roccia detta “Mazza del Diavolo”, accostiamo in una grande curva a gomito.
Lasciamo l’auto lì e iniziamo il nostro cammino su una vecchia mulattiera,
nascosta tra la vegetazione. Il terreno è impervio. Zio Gabriele indica il
percorso da fare, procedendo a colpi di falce tra arbusti molto fitti. Davanti
a noi si erge il crinale roccioso di Guardia.
Decidiamo di risalirlo, attraversando la boscaglia più fitta e la parte
più ripida per accorciare il nostro percorso. Da lassù si può scorgere tutta la
vallata del torrente Laurenzana. Si vedono Bocchigliero e il vallone di
contrada Basilicò. Proseguiamo su un sentiero che pian piano si assottiglia,
fino a scomparire del tutto tra sterpaglie, rovi e boschi di querce. Mentre zio
Gabriele avanza a colpi di falce, mi racconta la sua vita, i tempi della sua
infanzia, della sua giovinezza. I tempi in cui dormiva nelle grotte, presso le
quali ci stiamo recando. In quei luoghi, più di mezzo secolo fa, doveva
accudire gli animali e occuparsi della coltivazione delle patate. Zio Gabriele
prosegue raccontandomi storie di briganti e il motivo perché le grotte vengono
chiamate “di Guardia”. I suoi bisnonni raccontavano che i briganti stessero là
di vedetta, perché potessero controllare tutta la vallata da quella posizione e
avvistare eventuali movimenti sospetti. Inoltrandoci nella boscaglia, ci
vediamo sempre di più accerchiati da una fitta vegetazione. Restiamo impigliati
e si procede a schiaffeggiate di ramoscelli. Sentiamo i latrati di cani da
caccia. Zio Gabriele si ferma di colpo, indicando con la falce le grotte. Siamo
quasi arrivati. Provo a focalizzare ciò che vedo e resto senza parole. Lo
spettacolo che si presenta davanti ai nostri occhi, con il suo fascino
misterioso è grandioso. Un complesso di grotte scavate nell’arenaria. Sembrano
essere molto antiche. Due sono state murate con pietre e mattoni. Quella che
fungeva da granaio, ha una porta di legno, alla quale si accedeva con l’ausilio
di una scala di legno. Alcune delle grotte hanno una larghezza e una profondità
davvero notevole e sono scavate con grandissima cura. Altre sono abitate dai
pipistrelli. Alcune delle pareti sono state annerite dai focolai di tanti
secoli trascorsi. Il fumo ha depositato una patina di fuliggine.
Chissà quanta gente è passata di qua. I miei pensieri si accavallano. Si apre
il velo del tempo. Alla vista di quelle abitazioni arcaiche, mi chiedo chi mai
potrebbe averle scavate. Chi erano? Perché proprio qui? Quali segreti
custodiscono quelle grotte? Posso fare solo delle supposizioni. Gli studiosi e
gli storici parlano di abitanti del Neolitico, di guerrieri-pastori enotri e
bruzi, di profughi fuggiti dalle invasioni arabe, di monaci bizantini, di
eremiti che praticavano l’ascetismo e di contadini e briganti. Una lunga serie
di gente che ha vissuto qui. Queste grotte erano un insediamento stabile. Oggi
le loro uniche tracce sono i segni di scalfittura e la patina di fuliggine sulle
pareti. Mi muovo e vado alla scoperta dei loro segreti. Riesco a distinguere
gli spazi usati come abitazioni per l’uomo, i granai, i magazzini e le stalle. Zio
Gabriele dice che i fori tondi sulle pareti, servivano per fissarvi le
staccionate. In questo caso si tratterrebbe di stalle. Vado catturando immagini
e osservo da vicino. Alcune delle grotte sono intercomunicanti. Zio Gabriele
continua a raccontarmi di come ai suoi tempi ci si arrangiava in quelle
arcaiche abitazioni, poi in silenzio, continua a fissare l’orizzonte. Nei suoi
occhi vedo malinconia per il correre del tempo. Mi racconta che si dormiva su
giacigli di fortuna, fatti di frasche e paglia. Un pezzo di legno fungeva da
cuscino. È giunta l’ora di tornare a casa e zio Gabriele si avvia con il suo
bastone e la falce in mano. Io lo seguo in silenzio, con la mia telecamera.
Carmine F. Petrungaro
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