Il Muro del Riposo |
Scritto da Carmine F. Petrungaro | |||||||
Il Muro del Riposo - Tutti concorderanno nel chiamarlo "il muro del riposo". Chi non lo conosce, chi non si è fermato al rientro dalla campagna o da una bella camminata sotto la sua ombra? Ricordo mia nonna che andava con passo sicuro e il barile di legno di faggio in bilico sulla testa, mentre io, ancora in età infantile, trotterellavo avanti e dietro sul selciato della mulattiera. Al rientro dalla fiumara, dai lavori campestri e dopo aver accudito le capre, ci fermavamo sempre lì, in quell'angolino. In quel luogo regnava la pace assoluta. Ricordo il sorriso benevole di mia nonna, portatrice di grande affetto. Ricordo la folata di vento tra i rami del grande fico, il concerto delle cicale, qualche lucertola esposta al sole. Ero felice. Giocavo, mi aggrappavo ai muretti e sulle rocce, imitando qualche indiano Apache dai fumetti di Tex, mentre mia nonna mi richiama all’attenzione, dicendo di guardare al precipizio, che sotto di noi strapiombava con un dirupo pauroso. Lei si sedeva in quel piccolo anfratto, prendeva qualche sorso d’acqua fresca dal barile (u varidhe), e poi apriva il tascapane. Io guardai con gioia, perché per me c’era il succo di frutta e il pane al formaggino. Lei invece masticava un pezzo di pane con formaggio caprino stagionato. Mi guardava, ma era sempre immersa nei pensieri. La vita era dura e piena di sacrifici e lei sentiva le fatiche e tutte le responsabilità di una donna calabrese di quei tempi, mentre io andavo a caccia di lucertole. Adesso il muro è crollato come un anziano troppo stanco. È crollato per colpa delle radici del fico, per troppa pioggia o forse per la noncuranza? Non lo sapremo, ma con il muro è crollato anche un pezzo delle nostre vite. Restano i ricordi, indelebili. Carmine F. Petrungaro
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