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I Giganti di Pietra di Campana - Teoria Pirro e gli elefanti indiani
Scritto da Carmine Filippo Petrungaro   
martedì 11 gennaio 2005
I Giganti di Pietra di Campana - Teoria Pirro e gli Elefanti indiani - Campana, 14 Gennaio 2005 - Quesito e dibattito sul mistero dell'Incavallicata. Teorie di Carmine F. Petrungaro - Cari amici, è arduo interpretare ed illustrare le idee degli Antichi con un linguaggio moderno e razionale. Volendo indagare il senso dei loro miti e culti, con la visione e i concetti del mondo di oggi, non ci si dovrà attendere una risposta univoca. Questo vale anche per il sito dell'Incavallicata, con le sue rocce e le sue grotte, scolpite sicuramente più a scopo sacrale che propagandistico. Probabilmente nessuno dei monumenti storici di Campana offre tanto materiale per gli appassionati e i ricercatori di storia quanto l'Elefante di Campana e il gigante seduto.

 


 Dopo aver iniziato le mie ricerche, esitai, davanti a quella che intuivo come una storia così affascinante, ma quasi certo che sia accaduta realmente, circa 2300 anni fa. La passione per la storia in me, divenne parola scritta. La passione ha facilitato le mie ricerche storiografiche. Per fare ciò non basta semplicemente seguire uno schema di idee ortodosse, dettate da qualche impostazione accademica, o basarsi solo sulla conoscenza acquisita attraverso una buona letteratura. Bisogna avere anche un buon intuito e immaginare di viaggiare nel passato. E' necessario entrare in empatia con coloro i cui passi si stanno ripercorrendo, capire come ragionavano. Sulla base di cio', mi sono dato da fare. Togliere il velo del tempo, è come entrare in uno scantinato segreto, trovarvi un vecchio baule e lasciare che la storia ne venga fuori. Mi auguro infine che, al di là di tutto, la lettura della teoria che sto per presentarvi, risulti trasparente e che possa dare delle risposte a tutti. Sarebbe forse questa la migliore gratificazione dello sforzo fatto e ancora da fare, attraverso tante ricerche e notti senza sonno. Ciò che segue è un tentativo di comprendere, attraverso la ricostruzione narrativa, questo avvenimento storico, rendendo giustizia all'Elefante e alla storia di Campana. Oltre a ricostruire come meglio ho potuto la storia e l'interpretazione il più possibile convincente, con questo lavoro mi sono posto un altro obiettivo. Per capire cos'è successo il lettore sarà chiamato a far parte della giuria - e a partecipare attivamente al processo di valutazione  e di sintesi delle varie teorie.

La struttura stessa del testo incoraggia un simile approccio: non è semplicemente la narrazione della storia della scolpitura delle rocce, ma anche un'indagine analitica che può risultare anche divertente per il lettore appassionato. In fondo, quella dell'Elefante di Campana non è soltanto una storia forse realmente accaduta, bensì una storia affascinante, che potrebbe offrire tanta ispirazione e suggestione e tanto materiale per romanzi a sfondo storico. Ho cercato di divulgare questa mia ricerca come una narrazione, in modo che la sua lettura risulti un piacere e non uno studio insopportabile. Capisco che non tutti amano la storia quanto me. Non creda il lettore che tutto cio' sia stato una passeggiata. Quante volte mi sono detto: - Tralascia questo particolare, soffermati sull'altro, indaga su questo e su quello, arriva al dunque oppure arriva ad un'altra conclusione!" Trova un'altra conclusione? Posso io forzare la mano, essere io il fattore delle nostre fortune, della storia già fatta? No di certo. E dunque, senza vanagloriarmi, io non ho fatto altro che mettere insieme un mosaico andato distrutto nei secoli e riferire con la narrazione cio' che realmente potrebbe essere accaduto nella storia di Kalasarna. Gli indizi e gli elementi storici ci sono tutti. Come già detto, capisco che non a tutti va giù la storia, intesa come lettura e comprendere informazioni del genere, al lettore puo' risultare a volte noioso e pesante. Sono certo che dopo questa lettura, molti penseranno che ne è valsa la pena, venirmi dietro tra incipit, tra fatti storici e noiose descrizioni. Anche le critiche sono ben accette, soprattutto se costruttive. In verità, non posso nasconderlo al lettore, che qualche critica circa la teoria su Pirro e gli elefanti indiani mi è giunta. E mi è giunta, mio malgrado, da persona autorevole in materia, com'è S. E. il Vescovo Mons. Luigi Renzo, oggi Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, che è nato proprio a Campana e che da bambino giocava proprio sotto quelle pietre. Ebbene Mons. Luigi Renzo, dopo avermi elogiato per il mio contributo a testimoniare la storia di Campana, per l'impegno teso a diffondere e valorizzare l'immagine del nostro paesino e, per l'attaccamento alle nostre origini e tradizioni ecc., ha avanzato una critica a me e a tutti coloro, che hanno attribuito le origini, ovvero, la scolpitura delle Pietre dell'Incavallicata all'uomo. Mons. Renzo da studioso del territorio, che ha scritto diversi libri su Campana, contesta garbatamente tutte le tesi esposte finora, soprattutto quelle che vogliono che le pietre siano delle sculture antiche di fattura umana. Citando testualmente Mons. Luigi Renzo: - “Innanzitutto le pietre sono note da sempre. Le Pietre dell'Incavallicata si presentano come peculiari strutture rocciose, che, erose dal vento e dalle intemperie, hanno assunto nel tempo quelle forme singolari da farle ritenere monumenti di pietra, veri capolavori della natura. Sono massi giganteschi sovrapposti ed accavallati (da cui il nome Incavallicata). La cosa comunque che lascia perplessi, è che le raffigurazioni non sono a tutto tondo da far pensare ad una scultura dell'uomo e per di più guardano dal versante opposto al paese. Non sarebbe stato, magari, più ovvio scolpire le immagini dal lato del paese“?

Con queste parole Mons. Luigi Renzo attribuisce solo alla natura la scolpitura delle Pietre dell'Incavallicata. In poche parole, il suo messaggio o critica, vuole dirci che l'Incavallicata non fu fatta erigere nell'era dei megaliti, tanto meno da una popolazione italica preromana, nè da Pirro nè da Annibale in tempi storici più recenti. Ma fu il vento, l'acqua o l'erosione in generale. La contestazione di Mons. Luigi Renzo si rivolge, ahimè, al sottoscritto, a Domenico Canino, a Vincenzo Sciarrotta, al Dott. Isidoro Vaglico e ad altri.

Come ho già detto, le critiche sono ben accette, pertanto invito tutti a partecipare attivamente al processo di valutazione  e di sintesi delle varie teorie esposte. Per capire cos'è successo il lettore sarà chiamato a far parte della giuria, a farsi una sua opinione. Buona lettura con la teoria "Pirro e gli elefanti indiani".

Carmine F. Petrungaro



L'incavallicata: in uno scritto nel fine del 1600 il vescovo Francesco Marino lo definiva “il gran colosso”, caduto al suolo a causa dei terremoti. In una mappa della Calabria del 1603, questo luogo è chiamato “il cozzo delli Giganti”. Sono dunque statue che erano note dai tempi remoti, e classificate semplicemente come giganti o pietre. Noi Campanesi abbiamo sentito parlare delle rocce dell'Incavallicata fin dalla nostra infanzia. Le toccavamo con le nostre mani, al ritorno dalla campagna e, qualche coppia di sposi ha scattato delle foto per il proprio album matrimoniale. I nostri nonni ci raccontavano storie di briganti e tesori nascosti o si limitavano semplicemente a dire che furono gli "Antichi" a scolpirle, per cercare riparo dalle intemperie.

Gli "Antichi" e basta? Qualcuno che conosceva la storia si era già posto delle domande nei decenni trascorsi, ma fu deriso o non ascoltato dalla gente che sosteneva e sostiene ancora oggi che, si trattasse soltanto di rocce scolpite dal vento e dall'acqua piovana. I tempi non erano ancora maturi. Quell'elefante era sempre lì ad aspettare il giorno del suo riscatto. Intanto le amministrazioni continuarono ad ignorarlo, come hanno sempre fatto per la ormai consueta abitudine, di ignorare ciò che è caro al cittadino campanese e, il migliore esempio lo si può osservare nel centro storico greco/normanno e nella Cavesa...la speranza resta nei giovani che su larga scala stanno già dando segno di reagire a livello politico, sociale e culturale. Di conseguenza saranno più illuminate le future amministrazioni, se il loro "modus operandi" attiverà una politica per non far scappare questi giovani all'estero o nel Nord Italia. Tornando però all'elefante, fortunatamente tutto cambiò nel Dicembre 2002. Peccato che è toccato ad un forestiero a strappare il gigante dall'incantesimo. Durante un'escursione archeologica nella Sila il cosentino Domenico Canino che ha già partecipato agli scavi di Sibari e Pompei, s'imbatte nell'elefante di Campana e, a lui spetta il merito della scoperta, o meglio detto "del risveglio" e, tutta la nostra personale gratitudine. Da quel giorno il gigante è ritornato nella nostra coscienza e, adesso tutti vogliono "cavalcarlo". E' diventato il dibattito per tutto il paese. Perfino i Mass Media s'interessano, dedicandogli delle trasmissioni e articoli non insignificanti e, la roccia è diventata una discreta meta del turismo culturale. Ma nonostante tutto è stata creata solo tanta confusione. Alcune teorie sono approssimativamente logiche e altre prive di fondo. Con tutto il rispetto per l'amico Domenico Canino, a nessuna di queste ipotesi voglio associarmi. Credo che non centrino né il Pleistocene né il periodo delle culture megalitiche. E comunque certi canali televisivi regionali o nazionali non dovrebbero avanzare delle ipotesi frettolose, solo per fare odiens e attirare l'attenzione per aumentare il numero degli spettatori. E poi il "Pleistocene" vuol dire tanto e niente, dato che si tratta di un'era iniziata milioni d'anni fa e, che  terminò con l'ultima glaciazione (12000 anni fa), indicata con il nome di Wurms. Appunto in quest'ultimo periodo del "Pleistocene" nell’America Settentrionale i ghiacciai ricoprivano interamente il Canada orientale e si spingevano a sud, fino a lambire quella parte di costa degli odierni USA, dove oggi è collocata New York. In Europa un'unica calotta copriva la penisola scandinava, il Baltico, il Mare del Nord, gran parte della Gran Bretagna, la Germania, la Polonia e la Russia, spingendosi più a sud ancora. Anche sul nostro territorio erano visibili le tracce di questa glaciazione: le Alpi erano un immenso ghiacciaio ramificato che scendeva sino alle valli circostanti. In quasi tutti i continenti, il livello delle nevi perenni era situato a circa 1500 metri più in basso dell’attuale. Persino in Australia e in Tasmania era possibile osservare ghiacciai. Lo stesso vale anche per il livello del mare, che era di 150 m più basso di quello attuale. Quindi anche la Sila e gli Appennini  si trovavano in zone più  alte, fredde e lontane dal mare e si può pensare che queste zone erano coperte da Permafrost e, ciò vale anche per il sito dell'elefante di Campana. Domanda: "Quale sarebbe stata la motivazione che avrebbe spinto i nostri antenati primitivi a  scolpire l'elefante in una zona inabitabile e coperta di ghiaccio? Cosa c'era di particolare in quel luogo, in quell'epoca"? Risposta: "Niente"! E' molto probabile che i signori dei canali televisivi si riferivano al "Neolitico", facendo un pò di confusione con le varie epoche. Il Neolitico sarebbe stato un ragionamento più razionale e obiettivo, tenendo conto delle culture megalitiche e che in quest'epoca le capacità artistiche, mentali, culturali e dell'uomo avevano fatto grandi passi, rispetto al Pleistocene. Ma facciamo attenzione! Anche qui abbiamo soltanto delle ipotesi. Domenico Canino ipotizza in base all'anatomia dell'elefante scolpito e sostiene che, possa trattarsi dell'Elephas Antiquus. Ma anche qui non abbiamo nessuna vera prova. Esistevano molte altre specie di proboscidati che vivevano contemporaneamente nell'area. Potrebbe trattarsi ad esempio anche di un proboscidato della specie "Mammutus Meridionalis", oppure "Anancus Avernensis". Quest'ultima ha raggiunto l'Europa nel Pliocene inferiore e in Italia anche questa specie è persistita fino alla fine del Pleistocene. La sua anatomia è molto simile. Quindi il discorso sarebbe molto più ampio. Ma di certo questa è la via sbagliata per risolvere il quesito dell'incavallicata. Come potete leggere, si è ipotizzato tanto, senza avere delle prove, ma solo in base alla presunta somiglianza anatomica. Detto ironizzando, dobbiamo meravigliarci che ancora non ci si è spinti ad attribuire l'opera ad Atlantide. Non vogliamo creare l'enigma delle piramidi o della tomba di Alarico anche a Campana, bensì risolvere il quesito con razionalità.

Escludiamo l'ipotesi del Pleistocene e del Neolitico e, facciamo un ragionamento più razionale, che ci avvicini ad epoche più recenti:
 penso che sia necessario l'intervento di storici, archeologi e geologi "in sito" e non solo con l'ausilio della prova del Carbonio-14 (14 C) e del metaldetector. Soltanto la prova del Carbonio-14 non basterà, data la contaminazione millenaria dovuta all'erosione e, l'esame radiometrico ci fornirebbe soltanto l'età della roccia stessa e non quella della sua scolpitura. Quindi sarà necessario trovare anche dei reperti organici, come armi, attrezzi, monete o un focolare fossilizzato, scavando negli strati attorno alle rocce. Cioè qualunque cosa che sia ben conservata e databile. Delle monete potrebbero dare utili indicazioni. Per tentare un riconoscimento della datazione o della loro attribuzione si può studiare il tipo di accumulo, le sovrapposizioni, lo stile, il contenuto in metallo prezioso, gli errori di conio (piccoli segni, simboli, lettere). E dal punto di vista tecnologico, si può dire che non tutti i mezzi a noi oggi disponibili sono stati applicati nelle ricerche riguardanti l'elefante. E' stato usato il metaldetector, ma non ancora il sonar tomografico. Cos'è il sonar tomografico? Cercherò di spiegarlo con termini più semplici (poichè neanch'io sono un esperto in materia). 

Sonar_tomograficoIl sonar tomografico: la tomografia permette, grazie a un fascio di onde sismiche e acustiche, di fare una scansione del sottosuolo. I paleontologi, ad esempio, la utilizzano per trovare scheletri di dinosauri. E’ anche il metodo usato dagli archeologi oppure dalle imprese di ingegneria civile e società petrolifere, per esplorare le strutture sotterranee, in particolare nella ricerca del petrolio e del gas. La tomografia viene utilizzata anche per la cartografia di pozzi di miniere e bunker abbandonati, canalizzazioni d’acqua, gas e altri tipi di condutture. Il tomografo o sonar tomografico, è dotato di un generatore, chiamato anche “thumper”. Un generatore di onde sismiche, acustiche e vibrazioni. Quest'aggeggio tecnologicamente sofisticato e sensibilissimo, spara da una specie di cannone, rivolto verso il suolo, una grande sfera di piombo il cui peso e la massa sono noti al software del computer. La sfera colpisce il suolo a una velocità calcolata con precisione. Tutt’intorno sono sistemati dei sensori che registrano il ritorno delle onde e lo trasmettono al computer. Sullo schermo appare un’immagine del terreno che abbiamo sotto i piedi, come se fosse trasparente (detto in maniera semplice).

Naturalmente il sonar tomografico non permette di visualizzare né singole monete né singoli frammenti di terracotta. Ma potrebbe rivelarsi molto utile per farci capire come è fatto il sottosuolo dell’Incavallicata. Cioè se ci sono altre cavità oppure grotte, oltre a quelle attualmente visibili dall’esterno (precisamente due). Le pietre e i detriti non trasmettono molto bene le onde, ma almeno il  terreno sul quale poggiano sia l’elefante sia il guerriero è molto friabile e consentirà a queste (le onde) di propagarsi a sufficienza (l’amico geologo Andros sicuramente può confermare quanto appena detto). Quindi un semplice sopralluogo e una ricerca fatta solo con il metaldetector, non basteranno, per svelare altri segreti e ricavare ulteriori informazioni. Certamente il metaldetector non è da escludere dai mezzi applicati. A questo punto, invito le istituzioni competenti, che abbiano a disposizione il sonar tomografico, ad intervenire con maggior interesse in merito. Cioè la soprintendenza archeologica e la facoltà di geologia dell’Università della Calabria. Sono convinto che il primo passo si possa fare dedicando le attenzioni al periodo delle invasioni di Pirro. E' stato lui a portare i primi elefanti da guerra in Italia. Pirro aveva ereditato questa tradizione dagli eserciti dei Diadochi (gli eredi), ma soprattutto dalla dinastia seleucide fondata appunto da Seleuco I, uno dei generali di Alessandro il Grande, che alla sua morte si ritagliò un regno su buona parte del suo impero, regno che andava dal Mediterraneo all'Indo. In questo territorio il giovane Alessandro dovette lottare contro un esercito composto in gran parte da elefanti, cioè l'esercito del satrapo Poros, che governava la provincia persiana del Punjab, come un proprio regno. Ma ritornando al discorso delle rocce, infatti le sembianze dell'elefante di Campana sono "indiane", vale a dire "asiatiche", con orecchie piccole, testa larga e zanne quasi verticali. Mentre l'elefante africano ha sembianze opposte, cioè orecchie larghe, testa più piccola e zanne piegate verso l'interno o l'esterno, secondo il sesso dell'animale. Con questo vi ho anticipato la mia teoria...


 


Voglio presentarvi la mia teoria e v'invito a riflettere sul seguente quesito e, ad inviarmi i vostri commenti:
Teoria "Il re Pirro e gli elefanti indiani" 

Kalasarna era il villaggio con cui lo storico e geografo greco Strabone identificò il nostro paese durante il regno dell'imperatore Tiberio. E' certo che all'arrivo dei greci (VIII secolo a.C.) preesisteva un villaggio di pastori, cioè una roccaforte dei Bruzi. Essi erano guerrieri-pastori e contadini in armi, abilissimi nella guerriglia, temibili nelle imboscate. In campo aperto potevano pure perdere le battaglie contro i coloni greci, ma alla lunga, grazie al logoramento del nemico, il bilancio bellico era a favore dei Bruzi. Quando però, si ritroveranno di fronte ad un esercito organizzato e disciplinato come quello romano non reggeranno il confronto. L'intera Calabria si trovava cosi sotto l'egemonia romana che non si era ancora consolidata in un vero dominio.

 Pirro sbarca sulle coste pugliesi: i Bruzi si preoccupavano della loro autonomia e quindi si allearono con i vicini Sanniti e il re Pirro, sbarcato in Puglia nel 281 a.C., con 26000 uomini e 26 elefanti da guerra, quando anche l'elemento ellenico apparve in grave pericolo. Nell'anno 281 quindi tutta l'Italia meridionale era in armi. Quest'Italia meridionale contro la quale Roma sta per entrare in guerra, i suoi paesaggi, i suoi olivi, i suoi boschetti di querce e di pini, i suoi pastori ingenui e sognatori, che non avevano mai visto ne sentito parlare di elefanti. I Romani non ne conoscevano neanche l'esistenza, tanto da averli scambiati inizialmente per dei grandi buoi, i famosi "buoi lucani". Cornice deliziosa di una guerra atroce. Certo è che alla prima vista degli elefanti, sia i Bruzi sia i Romani hanno provato ammirazione e paura. Motivo sufficiente per scolpire un elefante nella roccia e rendere omaggio ad un animale mai visto? Forse si, perché con gli elefanti di Pirro i Bruzi subirono il primo impatto traumatico. Quando 60 anni dopo arrivò Annibale, questo impatto era già stato superato.

Nell'estate 280 avvenne il primo scontro nei pressi di Eraclea, una cittadina nel territorio dei Lucani, nella zona dell'odierna Policoro, dove i Romani si erano attestati. L'urto è durissimo. Gli elefanti provocano il panico tra i Romani: su 20000 soldati, essi avrebbero avuto 7000 morti, mentre Pirro perde 4000 uomini. Questa vittoria darà origini al modo di dire "vittoria di Pirro". Nello stesso anno Locri caccia la guarnigione romana e anche Crotone si schiera sul fronte antiromano. Il re epirota in cerca di alleati, passò in Calabria nel 278 a.C., poi chiamato in aiuto dagli ultimi Tiranni, sbarcò a Catania e Siracusa con ottomila uomini, di cui molti erano Bruzi e Osci (Lucani e Sanniti), per contrastare i Cartaginesi che nel frattempo si erano alleati con Roma, a scopo di ottenere il dominio dell'intera isola. Pirro riesce in più scontri a battere i Cartaginesi, riducendo il loro territorio al solo Lilibeo. Si autonomina re di tutta la Sicilia e, inizia a battere moneta recante il proprio nome. Inoltre impone nuove tasse ai Siculi, per finanziare la sua campagna militare.

Con il transito in Calabria si apre la prima fase del mistero. Si voleva rendere omaggio a Pirro “il liberatore”, con un elefante scolpito nella roccia?

 Nel 276 le cose cambiano e, la flotta di Pirro viene distrutta dai Cartaginesi davanti a Lilibeo e, i Siculi gli si ribellano perché vessati dai tributi insopportabili. Deluso da questo atteggiamento Pirro decise di tornare in Italia e di risolvere definitivamente il conflitto con Roma. In sua assenza i Romani avevano continuato a combattere contro i Bruzi, i Sanniti, i Lucani e i Tarantini e, l'esercito romano aveva provveduto a riconquistare i territori perduti e città importanti come Crotone e Locri. L'esercito romano si era anche addestrato per contrastare gli elefanti, la terribile arma del nemico. Contro di loro, i Romani erano pronti a schierare i terribili carri da guerra, copiati ai Galli Senoni. Ma erano state approntate anche altre tecniche anti-elefante: le frecce incendiare, i fossati, le assi chiodate, le piattaforme semoventi. La tecnica più usata era comunque quella dell'azzoppamento, con un attacco da dietro portato da fanti coraggiosi. Nel 275 a.c., l'esercito epirota e quello romano, comandato dal console Manio Curio Dentato, si scontrarono presso Maleventum. Stavolta la vittoria fu indiscutibilmente ad appannaggio dell'esercito quirito che in onore di questa vittoria trasformò il nome della città nel più augurale Beneventum. Durante la cerimonia del trionfo, gli elefanti furono gli autentici protagonisti, suscitando gli interessi di chi non li aveva mai visti prima. Pirro sconfitto ed umiliato, si imbarca nell'autunno del 275 per la Grecia, per tentare di contendersi il trono con Antigono Gonata, che era divenuto re di Macedonia. In Italia lascia solo una piccola e debole guarnigione comandata dal figlio Elleno. piattoNell'autunno 273 egli viene ucciso in Grecia in un modo alquanto ridicolo, colpito da una tegola lanciatagli in testa da una vecchia di Argo... Le spedizioni punitive romane contro le popolazioni che lo hanno appoggiato cominciano subito. I Bruzi cedono le armi e probabilmente assisteranno anche alla rimozione del cavaliere sull'elefante di Kalasarna e, alla distruzione del colosso seduto, cioè di Pirro o dell'animale che  la roccia rappresentava. Nell'anno 270 ormai Roma domina da una costa all'altra la penisola italica. Seguiranno spoliazioni, deportazioni, distruzioni, fame e miseria, che porteranno i Bruzi fra 60 anni ad allearsi nuovamente con un nemico di Roma: con Annibale Barca, che invaderà l'Italia nel 218 a.C. con un esercito composto anche esso da elefanti che, però morirono tutti di stenti e di freddo. In Calabria gli elefanti di Annibale non ci arriveranno mai, perché già nella battaglia del Trasimeno ne era rimasto vivo solo uno... l'ultimo, il leggendario Surus, di cui parla Plinio il Vecchio, come del "più valoroso elefante di tutte le guerre puniche", si prese la malaria e la polmonite attraversando le paludi appenniniche. Lo storico Polibio faceva pure un riferimento all'ultimo elefante, morto in Centro Italia:

« Annibale scampò a stento, con grande pena, sull'unico elefante sopravvissuto, molto sofferente per una grave forma di oftalmia che lo aveva colpito, a causa della quale gli fu infine anche tolto un occhio... »

(Polibio, Storie, III, 79, 12, BUR. Milano, 2001. trad.: M. Mari.)  
Il passaggio di Annibale in Calabria è accertato dagli storici antichi, ma senza elefanti da guerra, inoltre, questa è un'altra storia...
 
Per concludere: "Rimane impresso nella memoria dei popoli quel che vedono per la prima volta e, Pirro non fu soltanto il primo, ma anche l'unico a mettere piede in Calabria, con un esercito composto da pachidermi"...


Testimonianze archeologiche del passaggio di Pirro nel territorio di Campana

Qui vorrei citare alcuni passi scritti da Luigi Renzo, nel suo libro "Campana, Itinerari di Storia." Essi parlano di rinvenimenti archeologici che provano il passaggio dell'armata di Pirro in territorio campanese.

Si tratta di rinvenimenti che non furono il frutto di campagne, scavi e studi organizzati, ma piuttosto occasionali e da lavori agricoli ad opera di privati cittadini. Certo, una maggiore attenzione e campagne mirate avrebbero potuto dare un aiuto più consistente alla ricerca storica. Di particolare rilevanza risulta il fatto che le zone interessate ai ritrovamenti sono per lo più lungo il tracciato dell'antica chiubica che dal crocevia di S. Pietro con diramazione per il paese e attraverso Ronza Vecchia, Caprella, Serra del Leone, Gambicella e lungo il Fiumenicà portava a Machia del Barone, Minoscioli e da qui verso Cirò con bivio prima per Umbriatico all'altezza della località Raca, dove nasce la sorgente di acqua sulfurea e più avanti per Cariati. Su questa traiettoria, infatti, sono stati rinvenuti alcuni utensili bronzei, oltre a frammenti ceramici e fittili di epoca ellenistica (località Ronza Vecchia), vasi a pittura con figure rosse in località Caprella, cocci e vario materiale frantumato della stessa epoca è stato raccolto in località Cozzo del Leone nel corso dei lavori di costruzione della strada Caprella-Gambicella nel 1974. Nel 1934 un vasetto fittile grezzo contenente 78 monete è stato rinvenuto dal sig. Agostino Grande in località Torracca. Il ripostiglio delle monete, datate tra il 350 e il 217 a. C., attesta nel territorio di Campana una forte frequentazione e presenza durante il periodo ellenistico. Fonte: libro Campana - Itinerari Storici, di Luigi Renzo .
nei_pressi_di_bivio_caprella Per concludere sulle testimonianze archeologiche, le 78 monete trovate in località Torracca sono con molta probabilità la prova più schiacciante del passaggio dell'esercito di Pirro in territorio campanese. La prima prova riguarda la loro datazione tra il 350 e il 217 a .C. che corrisponde al periodo del passaggio di Pirro in Italia Meridionale e Calabria. Voglio ricordare che lo sbarco avvenne nel 281 a. C. e il rientro in patria (Epiro) avvenne nel 275 a. C. Questa non può essere solo una coincidenza. L'altra, la seconda prova schiacciante viene dalla loro provenienza. Infatti, le 78 monete, alcune delle quali , cioè 56 pezzi, non in perfetto stato di conservazione, provengono da Siracusa. Qui aggiungo che Pirro fu chiamato in Sicilia dagli ultimi Tiranni di Siracusa, dove sbarcò con un esercito composto da 8000 uomini, per difendere i Greci dai Cartaginesi. Pirro rimase quasi due anni a lottare in Sicilia, dove aveva iniziato a battere moneta che recava il suo nome. L'altra ancora, la terza prova schiacciante, fornita ancora dalle monete, consiste nel fatto che 6 pezzi rappresentavano Tolmeo II, che finanziò la spedizione di Pirro, in gran parte con il suo denaro. E ancora una prova, la quarta,  viene dalla provenienza delle 2 monete dei Mamertini. Questi si erano attestati a Reggio, che attaccarono Pirro sulla costa della Calabria, mentre stava sbarcando per il rientro sulla penisola italica e il suo itinerario tracciò proprio il territorio mamertino.  Altre 12 monete provengono da Roma, altre 2 da Reggio. Oggi una scelta di 17 pezzi è esposta nel Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria, mentre le altre sono conservate in magazzino. Le monete sono state studiate anche da E. Pozzi Paolini, per Lo Studio della circolazione monetaria in età greca nel territorio dell'odierna Calabria, in "P.P." XXIX (1974), p. 58. Per quanto riguarda l'accampamento militare, se non era il Piano di Guerra il luogo dove l'esercito epirota si fermò per un certo periodo, significa che sarebbe da prendere in considerazione la località Torracca e Bivio Caprella. Ciò dipende dai possibili ritrovamenti in località Piano di Guerra. Pertanto il nome del sito suggerisce da se  che si tratta di un luogo di remota storia  militaresca. Ma questo non può essere smentito fino a che non affiorino le prime prove archeologiche.

Altre prove da fonti storiche:

Per quanto Pirro possa avere a che fare con l'elefante e il gigante  o il leone seduto, l'amico e l'archeologo Domenico Canino afferma che non c'è nessuna prova storica del passaggio di Pirro nella zona di Campana. Ma questo non è del tutto esatto. Ho trovato un passaggio di Dionigi d'Alicarnasso in cui dice: ...non i luoghi sfavorevoli, non gli interventi repentini dei nemici e non altre congiunzioni ed emergenze di casi fiaccarono Pirro, ma le marcia su ripe e lunghi sentieri, praticati non dagli uomini, ma dalle capre... Dionigi si riferisce al ritorno di Pirro dalla Sicilia e, a quando dovette deviare la marcia del suo esercito. Divise l'esercito, di cui una parte proseguì a piedi lungo la costa, riconquistando prima Locri e poi Crotone. L’altra metà dell’esercito proseguì per via mare, con il resto della flotta lungo la costa jonica. Ciò avrebbe garantito all’esercito appiedato un certo appoggio, in caso di un attacco massiccio dei Romani.  Ma il mistero sta anche nelle fonti storiche. Infatti, dopo che Pirro lasciò Locri e Crotone, le fonti storiche non dicono nient'altro sul suo itinerario. All'improvviso tutto tace. Praticamente, Pirro e il suo esercito appiedato, dopo aver lasciato Crotone, e dirigendosi verso Nord, vengono come per magia inghiottiti dalla terra, mentre la flotta prosegue lungo la costa jonica  e attende ordini mediante segnalazioni. L'unico indizio è quello di Dionigi d'Alicarnasso. L'altro fatto strano è che  Pirro dopo 1 anno, appare all'improvviso con l'intero esercito e i suoi ultimi elefanti indiani a Maleventum, odierna Benevento, dove si lotterà nella battaglia decisiva, che porta alla sconfitta del re epirota. Dove è stato Pirro per un anno intero, nel periodo in cui le fonti storiche non parlano?

La risposta sta nelle seguenti prove schiaccianti che dicono che Pirro nell'anno in cui le fonti storiche non parlano, deviava verso Kalasarna, proseguendo lungo il Fiumenicà. Le prove di questo avvenimento sono le seguenti :

  1. L'elefante con sembianze asiatiche, scolpito dai mahut indiani dell'esercito di Pirro
  2. Dionigi d'Alicarnasso che afferma che Pirro a un certo punto deviò verso l'entroterra
  3. Le 78 monete di Siracusa, tolomaiche e mamertine, rinvenute i località Torracca, datate tra il 350 e il 217 a. C. mediante il   test del Carbonio C14, che non può ottenere date più precise. Ma se si calcola la media di 350 e 217, si ottiene la data 283,5. Questa data si avvicina a quella dello sbarco del 281 a. C. e a quella del rientro in patria nel 275 a. C.
  4. Un indizio rilevante ci viene tramandato da generazioni, dai nostri nonni, cioè dalla leggenda che narra del mitico tesoro dell'Incavallicata, per il quale i Campanesi purtroppo non si sono ancora posti delle domande più significative. Ebbene io dico che il tesoro dell'Incavallicata è un altro indizio che conduce a Pirro. Lui infatti aveva derubato i luoghi sacri di Locri e Crotone, dopo il suo rientro dalla Sicilia. La campagna militare sull'isola era stata un fallimento e Pirro doveva riorganizzare l'esercito, appena fosse rientrato a Taranto. Per fare ciò, gli serviva denaro. Ecco perchè il saccheggio dei templi. Ma in quei tempi la coscienza e la superstizione giocava un ruolo importante, che incideva molto sulla vita quotidiana di ogni uomo (anche quando era un re). Anche Pirro doveva aver avuto dei rimorsi e, per ingraziarsi gli Dei offesi, fece sacrificare una piccola parte del tesoro trafugato agli Dei. Ciò avvenne nel luogo sacro che noi oggi chiamiamo Incavallicata. Le due piccole grotte potrebbero aver avuto un ruolo fondamentale sia per la cerimonia del sacrificio sia per la sepoltura del tesoro. Il tesoro potrebbe essere stato disseppelito e portato via dai ladri, probabilmente anche dai nostri stessi antenati Bruzi oppure per malefico disprezzo dai Romani e, nuovamente fuso e disperso in ogni angolo della penisola italica. Stranamente, i Campanesi e la stessa soprintendenza archeologica non hanno ancora capito che questo è un indizio importantissimo. Per questo è necessaria una scansione del sottosuolo, mediante sonar  tomografico, per ottenere delle risposte concrete.

Riassumiamo con riflessione logica i punti focali "perché Pirro e perché elefanti indiani?"

 

Elefanti_di_TolomeoLa roccia di Campana rappresenta quasi certamente un elefante indiano, perché l'esercito di Pirro per la campagna militare in Italia, era composto solo da pachidermi indiani, che insieme al denaro e alle navi, gli furono dati in prestito da Seleuco I e suo figlio Antioco. Seleuco I aveva ereditato dopo la morte di Alessandro Magno, ca. 200 elefanti indiani e un regno che si estendeva dalla Siria all'Indo. Durante le guerre dei Diadochi, contro Tolomeo d'Egitto, gli elefanti indiani stazionati in Siria ammontarono a 500! Arrivati dalla Persia e dal Pundjab a scopo bellico! Mentre gli elefanti a disposizione di Tolomeo, che aveva ereditato l'Egitto e la Cirenaica, ammontarono solo a 50! Le cifre sono citate in alcuni passi da Polibio e Diodoro, i due storici antichi, più attendibili e obiettivi! Con tali quantità ridotte, Tolomeo non aveva nessuna possibilità di fornire dei pachidermi africani a Pirro. Mentre quelli stazionati in Siria ed Asia Minore erano a portata di mano. Bastava condurli in lunghe carovane, fino allo stretto di Byzantion (l'odierno Istanbul) e poi imbarcarli per la Macedonia. Ciò era facile da organizzare e tempisticamente fattibile. L’Egitto di Tolomeo invece, aveva nella competizione degli armamenti bellici con la Persia di Seleuco I, un urgente bisogno di elefanti da guerra. I colossi dovevano essere trasportati su barche a remi, dall’attuale Sudan a Nord, attraverso il Mar Rosso. Ciò fa capire che vi erano molte difficoltà di logistica, di trasporto e pericoli di vita. Quindi non era assolutamente fattibile, fornire tempestivamente, gli animali all'Epiro. A questo punto voglio approfondire il tema, per farsi un'idea di quanto era difficile procurarsi gli elefanti africani. I trasporti degli elefanti sul Mar Rosso erano indubbiamente un progetto bizzarro. Intere mandrie di questi animali, alti fino a tre metri e, pesanti fino a quattro tonnellate, furono nel terzo secolo avanti Cristo, trasportati dal Sudan nel Nord. Dovevano essere ammaestrati in Egitto come elefanti da guerra per l’esercito del faraone Tolomeo II. In precedenza era iniziata una competizione per gli armamenti bellici, fra due eredi di Alessandro Magno, i generali Seleuco e Tolomeo. Mentre Seleuco ricevette dopo la morte di Alessandro i grandi regni della Persia e Mesopotamia, a Tolomeo toccò l’Egitto. Seguì un conflitto senza fine, per i confini nel Vicino Oriente e, per il controllo del commercio con l’India. Tolomeo in Egitto era stato isolato e tenuto fuori dalle vie di terra, che conducevano ad est; una via marittima sicura per l’India vi sarà solo 300 anni dopo, quando le correnti e, le leggi dei monsun saranno studiate meglio. Il rapporto delle forze in campo fra i due arcinemici, non era alla pari. Seleuco possedeva circa 500 elefanti da guerra indiani, Tolomeo invece soli 43. Questi carri armati dell’antichità erano pesanti e lenti, ma incutevano paura. Con il loro trombone stridulo e chiassoso creavano un grande spavento alle truppe nemiche. Torcevano le proboscidi, per sferzare colpi mortali e, travolgevano i fanti nemici. Il loro odore intimoriva i cavalli. Il primo europeo che si trovò di fronte degli elefanti da guerra, fu Alessandro Magno, che dovette affrontarli in battaglia contro il re indiano Poros. Dunque a quei tempi, erano considerati come le armi più moderne. Un esercito senza “cavalleria” di elefanti era impensabile. Purtroppo l’India e, con essa i suoi elefanti, si trovarono nella zona d’influenza di Seleuco. Tolomeo iniziò cosi ad inviare spedizioni, con il preciso ordine, di trovare nelle vicinanze e, in zone raggiungibili, degli elefanti da guerra validi. Le spedizioni ebbero successo nel regno meroita, situato a sud dell’Egitto, con capitale vicino all’attuale Khartoum sul Nilo. Gli abitanti di quel luogo avevano già addomesticato gli elefanti per cavalcarli. Questi animali provenivano dai boschi meridionali dell’Eritrea ed Etiopia. Si trattò di una delle due specie di elefanti africani, che dopo l’ultima era glaciale era sopravvissuta a nord del Sahara. Il secondo gruppo aveva il suo spazio vitale sulla costa africana nord-occidentale, tra l’attuale Tunisia e Marocco. Lì, poco tempo dopo, il cartaginese Annibale Barca „reclutò“ i suoi elefanti, che li costrinse a muoversi in una marcia mortale per mezza Europa e, alla fine ad attraversare le Alpi, per spingerli contro Roma. In ogni modo l’avido Tolomeo non fece in tempo a vivere il successo delle sue spedizioni, poiché morì. Suo figlio Tolomeo II., detto Philadelphos, portò avanti il progetto. Per cacciare le bestie con efficacia, furono costruiti numerosi campi e porti, lungo le coste del Mar Rosso e, più giù nell’attuale Somalia. Il centro di „deportazione“ si trovava a Ptolemais Theron, tradotto come "luogo di caccia di Tolomeo". Qui gli animali erano tenuti in cattività, in recinti di pietra e, addomesticati prima di essere trasferiti sulle imbarcazioni. Sulla grandezza delle barche si discute ancora. Le arche, chiamate "Elephantagoi" furono costruite appositamente per il trasporto degli elefanti. Disponevano di un equipaggio di rematori e di una vela di lino. Siccome sul Mar Rosso i venti soffiano quasi sempre dal nord, bisognava trainare per alcuni giorni, le navi da Ptolemais Theron fino a Berenice in Egitto. Lì si facevano rifornimenti di vettovaglie, che dovevano essere distribuite agli avamposti e, dopo si ritornava verso sud a vela. La navigazione era estremamente pericolosa. Lo storico Diodoro riferisce, che i capitani incaricati dei trasporti degli elefanti, erano sotto pressione e, costretti a navigare di giorno e notte, a gonfie vele, attraverso secche e scogliere. Siccome le navi erano state dimensionate per carichi molto pesanti, avevano un pescaggio talmente profondo, che quando si andavano ad arenare, i marinai non avevano neanche la possibilità di scendere, per renderle più leggere, dato che quasi nessuno sapeva nuotare e, l’acqua era troppo profonda per starci in piedi.L’unico modo per salvarsi, era, di buttare in mare tutto ciò che non aveva importanza vitale e quindi aspettare la prossima marea. C’è da aggiungere la minaccia dei pirati. L’Egitto si era sempre orientato verso il Mediterraneo e la dinastia greca dei Tolomei non faceva eccezioni. In tale modo i pirati potevano allargarsi nel Mar Rosso e terrorizzare le coste. Per quanto riguarda il trasporto, si fece di tutto per non fare accorgere agli elefanti che essi si trovavano sull’acqua. Il ponte e la rampa furono mimetizzati con piante e cespugli. Gli animali dovevano essere comunque incatenati, dato che attorno a loro vi stavano seduti i rematori. Gli elefanti che salirono sulle barche erano stati ammaestrati, ma bastava che prendesse il panico a un solo pachiderma, per mettere l’intera nave in pericolo. I Mahuts indiani dovevano impegnarsi molto, per calmare le bestie arrabbiate. Il viaggio logorante e pieno di angosce, sia per gli elefanti sia per l’equipaggio, terminò nel porto di Berenice, nell’Egitto meridionale. Qui erano al sicuro e, la presenza dei soldati gli garantiva protezione dai pirati. La lunga penisola Ras Benas teneva a bada i fortissimi venti del Nord. Da qui in poi bisognava affrontare con la carovana degli animali, una marcia, lunga 250 miglia. Ciò significava 10 giorni di marcia a piedi, su sabbie roventi, per poi arrivare a Koptos sul Nilo, l’odierno Qift. Qui gli elefanti furono portati a Teba e Memphis, dove furono ammaestrati come elefanti da guerra. Altri invece, finirono nello Zoo di Alessandria.
 
Perché Pirro fece erigere l'elefante e il colosso seduto e quale ruolo ebbero i suoi mahut indiani?

leone colosso sedutoPer quanto Pirro possa avere a che fare con l'elefante e il gigante seduto, l'archeologo Domenico Canino afferma che non c'è nessuna prova storica del passaggio di Pirro nella zona di Campana. Ma questo non è del tutto esatto. Ho trovato un passaggio di Dionigi d'Alicarnasso in cui dice: ...non i luoghi sfavorevoli, non gli interventi repentini dei nemici e non altre congiunzioni ed emergenze di casi fiaccarono Pirro, ma le marcia su ripe e lunghi sentieri, praticati non dagli uomini, ma dalle capre... Dionigi si riferisce al ritorno di Pirro dalla Sicilia e, quando dovette deviare la marcia del suo esercito dalla costa jonica nell'entroterra. Probabilmente ciò non era nei suoi piani, ma le circostanze lo costrinsero a deviare. Mi spiego perché: durante i tre anni del suo soggiorno in Sicilia, i Romani erano riusciti a riconquistare Locri e Crotone. Pirro avendo lasciato la Sicilia, era costretto a sbarcare nei pressi di Scilla anziché a Reggio Calabria, dato che i Campani e i Mamertini lo avevano attaccato nel suo primo tentativo. Divise il suo esercito, di cui una parte proseguì a piedi lungo la costa, riconquistando prima Locri e poi Crotone. L’altra metà dell’esercito proseguì per via mare, con il resto della flotta lungo la costa jonica. Ciò avrebbe garantito all’esercito appiedato un certo appoggio, in caso di un attacco massiccio dei Romani. A Locri e Crotone Pirro fece l’errore di saccheggiare i luoghi sacri e qualche tempio (e qui sorge il sospetto, che il mitico tesoro di cui si narra nelle leggende dell'Incavallicata, sia con molta probabilità proprio quello rubato ai templi greci, con altre parole, Pirro dopo  quel sacrilegio, avendo la coscienza turbata, lasciò una parte del tesoro nei pressi delle rocce, come pegno per chiedere perdono agli dei offesi. E io di certo non sarò stato l'unico a fare quest'ipotesi, altrimenti come si spiegherebbe la presenza di tanti archeologi in cerca di monete antiche sul cocuzzolo dell'Incavallicata e nei dintorni del Cozzo del Morto e Piano di Guerra?). Dopo essersi lasciati Crotone alle spalle, si proseguì in direzione di Taranto che era stata nuovamente occupata dai Romani. Lì l'esercito sarebbe stato riorganizzato per riprendere la guerra contro Roma. Ma durante la marcia ci deve essere stato qualche imprevisto. E' molto probabile che i Romani gli stavano preparando un'imboscata nella piana di Sibari. Per aggirare l'ostacolo Pirro decise di deviare verso l'interno, proseguendo lungo il fiume Nicà, che già ad allora era una via commerciale usata  sia dai Bruzi sia dai coloni greci. Probabilmente al seguito di Pirro c'erano delle guide e dei commercianti che conoscevano molto bene l'area. Le ceramiche greche rinvenute presso il bivio di "Crapella", bivio per Bocchigliero e Mandatoriccio, lo testimoniano. Attualmente sono esposte nel museo di Reggio Calabria. Quindi lasciando la costa e deviando per la montagna, l'esercito di terra perse il contatto visivo con la flotta. A questo bisognava rimediare con la segnalazione. Ma per la segnalazione serviva un posto adatto e situato a una certa altezza, da dove era ben visibile il mare. I Bruzi avevano una roccaforte non molto distante, che i greci chiamavano Kalasarna. Pirro appurò che quella roccaforte avesse degli avamposti per la segnalazione sul mare e per il controllo delle valli con le vie commerciali, dove scorre il fiume Nicà. Guarda caso uno di quegli avamposti era l'Incavallicata. Vi è una vista perfetta sia sul mare sia sulla "balena" nei pressi del "cigliu". Inoltre non molto distante dall'Incavallicata c'è un luogo che oggi viene chiamato "piano della guerra". Il nome fa insospettire. Un posto molto adatto per un accampamento militare. Ricco di selvaggina, frutti di bosco e fonti d'acqua. Di notte chiara è visibile tutta la costa fino a Crotone. Anche questa era ed è una coincidenza? Tutto ciò di cui aveva bisogno il tanto martoriato esercito di Pirro. Un altro appoggio era costituito dagli alleati Bruzi. Quindi è molto probabile che Pirro abbia fatto accampare l'esercito in questa zona.

Per quanto tempo gli Epiroti si siano fermati non si sa. Ma tempo sufficiente per iniziare ad erigere sia l'elefante sia il gigante. Ma a quale scopo?

  Innanzitutto a scopo sacrale. Per soli scopi propagandistici non sarebbe stato molto funzionale, in mezzo alle montagne e sopra un cocuzzolo. Quindi il motivo può essere solo sacrale. Cioè una specie di tempio all'aperto. Ciò era consueta abitudine degli eserciti antichi. Per approfondire il discorso religioso vi invito a leggere il libro del prof. G. Cimino, avendo egli stesso, fatto nel 1985 delle ricerche riguardanti la sacralità dell'elefante. Fatto strano che, lo stile non è quello classico ellenistico, ma un misto. Un ruolo importante lo avranno avuto sicuramente i mahut indiani, nell'esercito di Pirro, e potrebbe trattarsi di una loro opera. Cosa ci facevano i mahut indiani nell'esercito di Pirro? Semplice: I mahut erano arrivati dal Pundjab e dalla Persia con gli elefanti inviati da Seleuco I. Il mahut è quello che addestra e cavalca l'elefante, standogli seduto sul collo. A causa della zanna destra spezzata, si potrebbe pensare che l'elefante di Campana abbia a che fare con una divinità venerata nell'India. Questa naturalmente non è una  prova,  ma la curiosità viene dalla zanna destra! E mi spiego meglio, approfondendo il discorso delle divinità indiane: Ganesh o Ganapati è la più popolare delle divinità indiane. Il dio della saggezza, figlio di Shiva e Parvati, ha la testa di un elefante su corpo d'uomo. Rappresenta intelligenza e tensione verso la divinità che guidano la materia e l'istinto. La testa di elefante bianco con un terzo occhio in mezzo alla fronte esprime focalizzazione verso un obiettivo spirituale ed utilizzo della ragione, del pensiero. L'elefante ha infatti in Oriente una grande importanza, è cavalcatura di re e cacciatori, simbolo di forza e di possanza che si uniscono all'intelligenza ed alla memoria. Da sempre considerato portatore di fortuna, di conoscenza, di volontà e longevità è anche simbolo di pazienza e di resistenza; nel mito le sue zampe sono le colonne su cui regge il mondo, la proboscide fertilità e le grandi orecchie saggezza. E soprattutto Ganesh è raffigurato con una sola zanna (quella mancante a metà alla divinità indiana è la stessa zanna di destra, che manca per metà anche all'elefante di Campana!!! Questa però è solo una coincidenza e non è il caso di azzardare con ulteriori teorie che vanno ad aggiungersi a tutte le altre ipotesi bizzarre. Con ciò voglio dire che la zanna di destra dell'elefante di Campana, è venuta a mancare per motivi di erosione, oppure per vandalismo, ad opera, forse, degli stessi Romani.  L'idea comunque che la zanna sarebbe  stata scolpita dai mahut indiani e persiani, appositamente in questo modo, è affascinante...ma pura coincidenza. Ritornando al discorso generale: l'esercito di Pirro comunque era composto da gente proveniente da tutta l'area mediterranea orientale, della Persia e del Pundjab, oltre ai Macedoni, Greci, Traci ed Epiroti. Quindi non dobbiamo meravigliarci della scolpitura di un elefante indiano, con sembianze di una divinità indiana!

Purtroppo la guerra non permise di portare a termine l'opera. L'esercito epirota presto dovette levare le tende ed è probabile che, scese dal "piano di guerra" verso le vallate del fiume Laurenzano oppure si sia diretto in direzione delle Fossiate, proseguendo verso la valle del Crati (in tale modo Pirro potrebbe aver aggirato i Romani). Ma non possiamo neanche escludere qualche scaramuccia con le retroguardie degli Epiroti. Alcuni piccoli reparti potrebbero aver impegnato i Romani in piccoli scontri, per disimpegnare il resto dell'esercito in fuga verso la Sila. I Romani, appena arrivati a Kalasarna, distrussero quel che i mahut avevano appena iniziato a scolpire con profonda devozione. L'elefante entrò per sempre in un lungo letargo, e con esso anche il mitico tesoro rubato agli dei e nascosto nelle profondità delle terre di Campana...

Tocca a noi adesso ridargli il suo posto nella storia...
            
Carmine F. Petrungaro

Campanaelefante.com






 


Questo mistero dell'elefante e del guerriero di pietra in mezzo alle montagne della Sila ha scatenato la curiosità di studiosi e turisti, e mezzi di comunicazione. Articoli sui giganti sono stati pubblicati su la Repubblica, Focus, Le Monde, Avvenire, Gazzetta del Sud, Il Quotidiano della Calabria, e speciali televisivi sono andati in onda su Rai regione e su Gaia, trasmissione di divulgazione scientifica di raitre. Il sindaco di Campana, dott. Pasquale Manfredi, custode dei preziosi reperti, si è attivato in tutti i modi per valorizzare questo sito archeologico, ha organizzato visite di club archeologici, di scolaresche, ha intrecciato relazioni con diversi tour operator, ha curato la pubblicazione di libri, invitato ed ospitato studiosi della materia
Ecco alcuni esempi di cronaca, siti e Mass Media che parlano dell'Incavallicata e dell'Elefante di Campana:
 
  • Le due teorie sui giganti di Campana apparse sul sito Luoghimisteriosi.it con articolo  titolato "Campana (CS) - I giganti di pietra sculture o fenomeni naturali?" - La giornalista Isabella Della Vecchia che per dovere di cronaca ha riportato una sintesi delle teorie più diffuse. Clicca
  • Video dei Giganti di Campana su Telecosenza - Ecco le Pietre dellIncavallicata delle quali si è occupato anche il Panorama, citandole come scoperte nel 2004. Però già nel 2002 in un reportage di Telecosenza, che vi mostriamo, mandato in onda su tv regionali e anche sulla pay tv satellitare Stream, le pietre ci erano state illustrate dal sindaco dell'epoca, Francesco Ioverno. E anche senza enfasi, visto che le conoscevano benissimo tutti, a Campana. Dunque nessuna scoperta: le pietre sono note da sempre, come dice lo S.E. Mons. Luigi Renzo nello stesso filmato.. Clicca
  • Turisti Per Caso in Visita all'Incavallicata - I Popoli del Mare. In onda il 3 ottobre  2009 su Sky (Canale 214 di Sky) .La tappa calabrese del viaggio di Syusy su Adriatica seguendo la rotta dei Popoli del Mare risulta particolarmente interessante perché volta a indagare un mistero storico e archeologico di cui ancora si conosce ben poco: l’origine e il significato degli Elefanti di Pietra. L’esplorazione guidata che Syusy e Orso, organizzata nel cuore della Sila Grande ha  avuto dello straordinario: uscito infatti dai percorsi turistici abituali di questa parte della Calabria, portando chi vi ha partecipato a vivere un’esperienza unica. Clicca 
  • Grazie all'amico Pasquale Sicilia, l'incavallicata e la teoria su Pirro e gli elefanti indiani  sono apparsi sul mensile piemontese "La Voce di Carmagnola". Uscita in due numeri, Aprile e Maggio 2009. Clicca
  • I Giganti di Campana riportati sul blog "Storia e dintorni", con articoli di vario genere, di storia regionale/locale. Antiche civiltà. Religione. Esoterismo Mistero. E tutto cio' che è inerente a questi argomenti! Clicca
  • L'Incavallicata sulla rivista Panorama - Reportage di Letterio Pomara - Uscita dell'articolo sulle rocce dell'Incavallicata sulla rivista Panorama, di Venerdì 26 Giugno 2009. L'articolo è stato redatto con testo e foto dal reporter palermitano Letterio Pomara, che è un  noto esperto di reportage fotografici. Clicca
  • Le misteriose rocce della Sila su Tgcom - "La Soprintendenza intervenga, dice il sindaco di Campana Pasquale Manfredi" Scherzo della natura oppure sculture preistoriche? Le rocce "scoperte" a Campana, un paesino nella Presila calabrese, in provincia di Cosenza, sono davvero un fenomeno inspiegabile. A prima vista sembrano fatte dall'uomo, ma nessuno finora lo ha accertato scientificamente. Clicca
  • Giganti di pietra a Campana - di Carlo Grillo." Suggestioni di magiche credenze all’Incavallicata… Grige pietre giganti poste a guardia del tesoro stregato… I castagni variopinti a novembre cospargono il pendio… Mentre sul costone opposto Campana sonnecchiosa si distende lunga tra case vecchie e nuove". Clicca
  • Il blog di Antonio Iaconetti - Ambiente e territorio. Coordinamento Regionale della Calabria - Fare Ambiente Calabria - I  Giganti di pietra di Campana sono due sculture litiche situate sulla sommità di un colle nella Sila Greca, in Calabria. Clicca
  • In un Comunicato Stampa riportato su Calabriawiki, l’Avv. Antonio Iaconetti, ha chiesto al Sig. Ministro di organizzare una campagna di studi sui c.d. Giganti di Pietra. E’ un sito che comunque, ha aggiunto Iaconetti, che merita di essere debitamente valorizzato in quanto può diventare una appetibile attrattiva turistica con risvolti positivi dell’intera zona della Sila Grande per un rilancio economico di quel territorio, impoverito da anni di emigrazione ed abbandono. A tal proposito Iaconetti ha stato consegnato un articolato dossier sui Giganti di Campana e si è detto fiducioso in un sollecito interessamento da parte del Ministro. Clicca  
  • Sui monti della Sila spunta dal passato l'elefante di pietra - Articolo riportato sul sito Antikitera.net. Clicca
  • Animali di Pietra? Così vengono chiamate le rocce nel sito Arealocale.com, in un articolo  del 2005 di Antonio Lombardo. Sono solo pietre!" - dice convinto con aria spavalda un ragazzetto del paese, vestito con giubbotto di pelle e jeans stracciato, quasi sorpreso per questa forte attenzione verso qualcosa di completamente immobile ed inutile. Clicca
  • I Gignati di Campana sul sito Vacanzefaidate.com - il sito che raccoglie guide, fotografie, racconti di viaggio e le molte proposte di turismo sostenibile nelle più belle destinazioni al mondo. Clicca

 Guarda il filmato della trasmissione Gaia su Rai 3, con Mario Tozzi
Le Pietre dell'Incavallicata - L'elefante di Campana a Gaia su Rai 3, con l'archeologo Mario Tozzi. Quesito e dibattito sul mistero delle rocce dell'Incavallicata. Pirro, Annibale, i Pelasgi o uno scherzo della natura?
 

Guarda il filmato "L'elefante di Campana" aprile 2007

Guarda il filmato del 2015
 


 
 
 
 
Commenti
Nuovo Cerca
odisseo  - complimenti   |2015-04-18 19:17:06
ciao Carmine
ero nel bel mezzo di una mia ricerca quando ho trovato la tua, e
non posso fare a meno di esprimere un giudizio.
Innanzitutto complimenti, al di
là dell' argomento trattato, del modo in cui è stata condotta la ricerca; si
avverte che dietro c'è stato un grande lavoro, dovuto al forte legame per
queste enigmatiche pietre. In quanto all' ipotesi mi sembra un tema molto
interessante, e guardando le riprese mi risulta difficile credere che siano
formazioni del tutto casuali.Un po' meno chiaro mi risulta il motivo per cui
sono state erette, e che cosa significhi il gigante (una statua di Pirro?)e
perchè la zanna, se è vero, sia spezzata. Grazie per aver reso noto questo tuo
tesoro. In attesa di altre ricerche
Luciano Bovina  - Elefante di Campana   |2015-04-18 18:48:11
La mia curiosità è tanta che i primi di Novenbre verrò a Campana.
Spero che
la mia curiosità sia appagata.
luciano
Angillina Oliveti  - Dottore in Scienze Agrarie   |2015-04-18 18:40:45
Sono appassionata delle scoperte, soprattutto di casa nostra. La notizia mi ha
impressionato: come mai non ci aveva pensato nessuno? Vorrei essere tenuta
informata, ma, dopo le prime notizie, non ne ho saputo più nulla: Non è che
sia una burla di cattivo gusto? La Calabria non avrebbe bisogno di essere presa
per i fondelli.
Cordiali saluti a che si cura del sito e auguri ai
ricercatori
Angiolina Oliveti da Catanzaro
Diego Segreto  - Notizie sul topos della incavallicata   |2015-04-18 18:30:38
Buongiorno,

sono un romanziere di novelle storiche - vedi ultimo romanzo
" Le isole di Cosa Nostra"; l'elefante di Campana mi ha ispirato per la
scrittura di un nuovo romanzo, vorrei sapere se il poggio dove è situato
l'elefante è in pianura o in pendio e se l'elefante è rivolto verso il mare
Jonio... inoltre vorrei conoscere altre notizie tramandate a memoria dagli
abitanti di Campana. Quanto prima verrò di persona a visitare il luogo. Grazie
Diego Segreto
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